Oggi si celebra il Columbus Day, in onore di Cristoforo Colombo che il 12 ottobre del 1492, sbarcò nelle Indie scoprendo l’America.
Quello di Colombo fu un viaggio storico, che ci permise di credere quello che probabilmente sapevamo già: il mondo è rotondo e, ai tempi, c’erano ancora Continenti interi da esplorare. Sfortunatamente, quella era un’epoca in cui l’esplorazione, lo sfruttamento e la colonizzazione venivano vissuti come sinonimi. E così poco è importato che queste scoperte venissero fatte causando sconvolgimenti inimmaginabili e finissero per annichilire popoli interi.
Traslandolo quell’avvenimento al settore spaziale, mi viene da riflettere su due punti.
Il primo: l’economia è sempre stata l’impulso propulsivo maggiore di ogni impresa esplorativa. Quando Colombo si mise in testa di percorrere una via nuova per le Indie attraverso l’Atlantico, l’unico modo per ottenere i finanziamenti fu prospettare alla regina Isabella di Castiglia e a re Ferdinando V ritorni incommensurabili.
Il secondo punto: oggi scoperta e sfruttamento non possono essere associati senza una consapevolezza maggiore. La colonizzazione e lo sfruttamento distruttivo non possono far parte dell’equazione che descrive l’esplorazione contemporanea.
Sono convinto che nello spazio economia e mercato siano un mezzo, mai un fine. Non la si creda un’interpretazione ingenua: so che già oggi il settore muove fra i 320 e i 350 miliardi di dollari ogni anno e so anche quanto le prospettive di crescita implichino interessi, strategie contrapposte e player privati fino a pochi anni fa esclusi dal gioco.
Lo spazio è anche l’ultima frontiera del business. Ma lo è solo grazie alla sua capacità di rispondere a tutt’altre ambizioni della nostra specie.
Per me è la vera space economy: una sfida a immaginare miglioramenti sostenibili della nostra vita, qui, sulla Terra. Miglioramenti per tutti, nessuno escluso, e soprattutto non alle spese di chicchessia, fossero anche ecosistemi diversi da quello terrestre. Questo, per prima cosa, impone lo spazio: un nuovo grado di consapevolezza collettiva. Senza il quale, ogni “conquista” misurerà solo la nostra progressiva rovina.
(Nella foto, lo stretto di Gibilterra, bocca dell’Atlantico e supposto limite del conoscibile. Nespoli/Nasa/Esa)
Ritratto di Cristoforo Colombo di Ridolfo del Ghirlandaio
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