ASTEROID DAY

30giugno 2020

Territorio di Krasnojarsk, Siberia centrale, ex Unione Sovietica, 30 giugno 1908. Sono le 7:14 del mattino quando nel cielo sotto cui scorre placido il Tunguska Pietrosa, un fiume lungo più di 1800 chilometri, si scatena un bagliore visibile fino a 700 chilometri di distanza, seguito da un’onda d’urto che per un centinaio di chilometri scaraventa la gente per terra e frantuma i vetri delle case. Sismografi europei e asiatici registrano un terremoto pari a 5.0 gradi della scala Richter.

La prima spedizione scientifica arrivata sul posto quasi vent’anni dopo non trova alcun cratere, solo un’enorme quantità di alberi abbattuti: tra i 60 e gli 80 milioni. Un’altra spedizione negli anni Sessanta stabilisce che la superficie distrutta sia di circa 2.150 chilometri quadrati. Difficile calcolare l’energia sprigionata dall’impatto. Stime basse parlano dell’equivalente di 10 milioni di tonnellate di tritolo (TNT), cioè 10 megatoni, quelle alte parlano di 30 megatoni. Se fosse a metà, 15 megatoni, l’esplosione sarebbe comunque mille volte più potente di quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima, con l’energia sufficiente per radere completamente al suolo una delle nostre grandi metropoli.

Oggi lo si ricorda come il “Tunguska Event”, il più grande evento esplosivo naturale registrato nella modernità nelle vicinanze della Terra, a un’altitudine compresa fra i 5 e i 10 chilometri dalla superficie (si pensa a 8). Lo si attribuisce all’onda d’urto di un meteoroide o una cometa di dimensioni comprese fra i 30 e i 60 metri, un corpo sassoso che viaggiava a una velocità di circa 15 chilometri al secondo. Dopo l’urto contro l’atmosfera, potrebbe essersi disintegrato o, più verosimilmente, essere rimbalzato nello spazio.

Non è facile calcolare le probabilità di un evento simile: oggi le stime parlano di una ogni mille anni. Si calcola anche che eventi più piccoli, con potenze attorno ai 5 chilotoni, vale a dire un terzo della potenza della bomba di Hiroshima, succedano in media una volta all’anno. Nel 2013 un meteorite di circa 20 metri di diametro con una potenza stimata di 500 chilotoni, circa 30 volte l’energia della bomba di Hiroshima, è rientrato a Cheljabinsk in Russia provocando seri danni e più di 1500 feriti.

Coscienti delle problematiche poste da questi eventi e dalla nostra scarsa capacità attuale di prevederli unita all’incapacità di farvi fronte, organizzazioni private hanno fatto pressione negli anni affinché la questione venisse riconosciuta e affrontata a livello mondiale.

Nel 2016 le Nazioni Unite hanno dichiarato il 30 giugno “Asteroid Day” e da allora in questa data si organizzano decine di eventi che in tutto il mondo coinvolgono astronomi, astronauti, studiosi ed enti spaziali al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli asteroidi – che, sia chiaro, possono essere anche una risorsa preziosa – e su cosa si possa fare per proteggere la Terra, le comunità e le generazioni future da un evento catastrofico.

Attraverso tutti i telescopi disponibili in tutto il mondo, oggi abbiamo catalogato circa l'1% del milione di asteroidi che stimiamo potrebbero colpire la Terra. La maggior parte di questo milione ha dimensioni “piccole”, quindi è relativamente innocua, ma osservando la Luna e guardando i crateri visibili sulla Terra, concludiamo che ce ne sono alcuni mega che potrebbero arrecarci danni ingenti e altri che potrebbero addirittura essere così devastanti da cambiare l’ambiente terrestre sconvolgendone le condizioni di vita. Oltre alla limitata capacità di monitorarli, siamo lontani dall’avere una soluzione attuabile nel caso dovessimo scoprire l’imminenza di una collisione. 

Insomma, oggi non possiamo neanche lontanamente sentirci protetti da questa minaccia collettiva per la quale occorre una risposta mondiale. Ancora una volta, lo spazio ci chiama a una responsabilità comune: il futuro non può prescindere dalla consapevolezza e dalle capacità di tutti noi, razza umana.

credits urikyo33 da Pixabay

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